Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di Morto
Paola Cortellesi (Monica) ed Antonio Albanese (Giovanni) si ritrovano dopo quattro anni e fanno i conti con la loro umanità. E anche con l’umanità intorno a loro, a dire il vero
Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di Morto non fa eccezione: come tutti i sequel, lo guardo con un po’ di sfiducia, pensando che sia un prodotto povero di idee e che esista solo per carpire altro denaro a chi (me compreso) nel 2017 ha gradito l’originale Come un gatto in tangenziale.
Non che mi manchino gli esempi di sequel che ho apprezzato come e addirittura più dei primi film! Giusto per citare due capolavori, i miei sequel preferiti sono Il padrino parte seconda e Blues Brothers 2000 (quest’ultimo, troppo snobbatissimo). Anche restando nello Stivale, ho apprezzato molto il secondo e il terzo film di Amici miei, un esempio brillante di comicità costruita sul dramma e di amicizia fatta di solitudine.
Così, quando ho visto il trailer, ho pensato: “Questo lo devo proprio vedere!”.
Tuttavia i pregiudizi sono più resistenti di un giubbotto antiproiettile, perciò non ho difficoltà ad ammettere che essi mi hanno accompagnato fino alla poltrona del cinema.
La trama, il cast e tutte le solite cose che si trovano nelle recensioni te le risparmio: ci sono innumerevoli siti dove li puoi trovare (il mio preferito è la mai abbastanza apprezzata Wikipedia)
Ritorno a Coccia di Morto: vale la pena?
Il film è in realtà pieno di luoghi comuni e di stereotipi, i coatti romani, i milanesi tutto lavoro e puzza sotto il naso, il prete bello, la suora portasfiga e così via.
Ci sono tutti gli ingredienti, insomma, per far venire fuori un’insalata insulsa e indigesta.
Epperò…
Però il film è confezionato con maestria e recitato bene, così la trama non si perde mai nello slalom tra i luoghi comuni e gli stereotipi; al contrario, tiene sempre desta l’attenzione grazie all’ironia e a un senso del grottesco che non viene mai meno.
Questo è forse, secondo me, il pregio maggiore del film: pur parlando di cose “banali” come la vita delle persone, l’amore, l’emarginazione sociale e altre piccolezze di questo tipo, non scade mai nel patetico né nel paternalistico né nell’ovvio. Al contrario, le risate che accompagnano spesso la visione sono l’ingrediente perfetto per assaporare un piatto sia mentre lo si mangia sia quando si coglie il retrogusto che lascia in bocca.
Perciò, sì: ne vale la pena. Per Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di Morto spendo il miglior complimento che posso fare a un film: vale il prezzo del biglietto.
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