Samuel Stern 20: La casa dei sospiri
Forse la storia migliore di Samuel Stern. Sicuramente quella che io ho apprezzato di più: ricca, umana, coinvolgente. Davvero una splendida storia fatta di dolore e di speranza
L'articolo parla dei contenuti del numero 20 di Samuel Stern, ma non dice assolutamente come si svolge l'avventura.
Tuttavia, se sei un integralista antispoiler, ti invito a tornare qui dopo aver letto l'albo.
So benissimo che una recensione a regola d'arte dapprima espone gli elementi salienti dell'opera e solo alla fine del testo concede al recensore un piccolo spazio per il giudizio personale, in modo che sia giustificato da quanto esposto in precedenza.
Ma io non ce l'ho fatta.
La casa dei sospiri è una storia che mi è piaciuta troppo, al punto che ho dovuto dirlo subito.
I motivi che mi hanno fatto apprezzare questo numero 20 di Samuel Stern parlano di una storia molto ben strutturata, di un argomento delicato ed importante e di un equilibrio narrativo che impressiona per quanto è perfetto. Il tutto è inoltre offerto da disegni sempre efficaci, impreziositi da alcuni piccoli gioielli.
Mi fa ridere
– Seriamente, che cosa ci trovi in quel coniglio?
– Mi fa ridere.
Così risponde Jessica Rabbit alla domanda di Eddie nel film Chi ha incastrato Roger Rabbit?.
Far ridere è una cosa tremendamente seria ed importante, che ha il pregio di alleviare lo spirito e aprire il cuore.
Così, quando mi sono trovato di fronte le pagine 10 e 11 (le riporto sotto) non ho potuto far altro che apprezzare l'idea. Non tanto per la battuta, che è carina ma anche abbastanza banale, quanto perché è raro trovare un fumetto che dedichi così tanto spazio a una gag. Ricordo un precedente solo (ma non sono un esperto): un preistorico Ken Parker in cui Berardi e Milazzo omaggiavano Totò.
Basta una gag per far apprezzare un albo?
No, ma è un buon inizio.
Il motivo del titolo
Il motivo per cui l'albo si intitola La casa dei sospiri è spiegato in modo magistrale, perché la rivelazione non è plateale ma è suggerita al lettore mediante una scena che è funzionale al racconto.
Sembra una cosa di poco conto, ma secondo me testimonia l'ottimo lavoro fatto dall'autore.
Certo, potresti vedere la cosa da un altro punto di vista: l'autore ha scritto la storia e solo dopo ha pensato al titolo. Ma io resto della mia idea.
A proposito: i testi sono di Luca Blengino. Come ho già accennato, secondo me ha costruito una storia davvero ben strutturata, equilibrata ed appassionante.
Perché appassionante?
Un'avventura che parla di Alzheimer
Come forse sai, non amo l'horror per l'horror. Ma La casa dei sospiri è un ottimo esempio della filosofia di Samuel Stern: usare l'horror per parlare dell'uomo.
In particolare, La casa dei sospiri è ambientato in una casa di riposo, dove vengono portati alla luce i disagi degli anziani.
In particolare, una degli ospiti è malata di Alzheimer, una malattia che è sempre più diffusa nella popolazione mondiale.
L'Alzheimer è una malattia bastarda. Non è una malattia che "poverino, si ricorda ciò che è successo cinquanta anni fa e non si ricorda che cosa è successo stamattina". È invece una malattia che distrugge il carattere delle persone, che le rende inaffidabili e aggressive, che toglie loro i freni inibitori e che, con il passare del tempo, le priva di ogni linfa vitale.
Ma non è tutto qui. L'Alheimer fa i danni maggiori non alle persone che ne vengono colpite, ma a quelle che sono vicine ad esse.
Per i familiari è un misto tra terremoto e bombardamento. Dall'oggi al domani si passa dal convivere con una persona che è sempre stata un punto di riferimento e un sostegno (anche se a volte i rapporti possono essere conflittuali) al dover farsi carico di una persona che è meno capace di un bambino, incazzosa come un vecchio burbero e totalmente inaffidabile. E non è che migliori.
Inoltre, è facile che saltino fuori rancori familiari che sembravano sepolti e dimenticati.
Di fatto, non c'è nessuno che sia pronto ad affrontare l'Alzheimer di un familiare. Di certo, il sistema sanitario non supporta adeguatamente i parenti di un malato di Alzheimer: non è (solo) una questione di soldi, ma proprio di preparazione e di sostegno psicologico.
Non è raro, per i parenti di un malato d'Alzheimer, augurarsi che questa tortura finisca presto...
Luca Blengino riesce a trasmettere tutto questo dalle pagine della Casa dei sospiri.
Ma, ancora, non è tutto qui.
La malattia più letale: la vecchiaia
La storia si evolve... Dall'Alzheimer il fuoco si sposta su una malattia ancora più bastarda, che colpisce tutti. La vecchiaia.
La vecchiaia è quando lentamente spariscono le cose che rendono la vita degna di essere vissuta:
- l'autonomia fisica e un ragionevole benessere
- le relazioni significative, fatte di riconoscimento reciproco
- i sogni da realizzare
- le ragioni che ti fanno alzare al mattino
- la fiducia nel futuro
- la consapevolezza che il tuo parere conti qualcosa.
Quando mancano queste cose, la persona si spegne.
È questa la situazione che apre le porte all'incubo e che Samuel e padre Duncan si trovano a dover affrontare.
Non ho parole sufficienti per esprimere l'ammirazione e il ringraziamento per Luca Blengino, che ha trattato questo tema con attenzione, passione e delicatezza, pur se nel solco narrativo di Samuel Stern.
Samuel e padre Duncan
Un'altra cosa che mi è piaciuta è come l'avventura vissuta nella casa di riposo ha mostrato un po' meglio il rapporto tra Samuel e padre Duncan.
È la scena che chiude l'albo. Non ti arrabbiare se non te la mostro: se te la ricordi, sarebbe inutile. Se non hai ancora letto l'albo, ti evito uno spoiler. Se già hai letto la storia ma non ti ricordi il finale, riprendi in mano l'albo e concediti il tempo per riguardare questi due.
I disegni di Nicolò Palmisciano
Ho elogiato Luca Blengino per i testi e la sceneggiatura. Ma lasciamelo dire a chiare lettere: i disegni di Nicolò Palmisciano sostengono perfettamente la storia.
Il segno è sempre intelligibile ma non banale, al servizio di una sceneggiatura assai efficace (a questo proposito, è una goduria vedere come la scansione delle tavole mantenga sempre alto l'interesse del lettore).
I disegni di Nicolò Palmisciano regalano anche qualche preziosità.
Quando, leggendo un fumetto, mi scopro a sospendere la lettura solo per godermi la bellezza e la maestria dei disegni, allora vuol dire che il disegnatore ha proprio fatto centro.
Una copertina che è un vero valore aggiunto
Come se i disegni non fossero sufficienti, anche la copertina è splendida.
Sono stato molto critico con le copertine di Samuel Stern, che spesso non mi sono piaciute, soprattutto quelle dei primi numeri.
Ma questa ben descrive il contenuto dell'albo. Certo, prima di leggere la storia si fa molta fatica a comprendere che ci faccia Samuel su una sedia a rotelle, con un mucchio di calamaretti dentati che incombono su di lui...
Ma al termine dell'albo non si può non ammettere che la copertina è davvero fedele allo spirito della storia e che, anzi, è straordinariamente evocativa. Non faccio fatica a immaginare la stanchezza di un anziano Samuel Stern che ne ha davvero viste troppe e che si sente assediato da una vita che da tempo ha disilluso tutte le promesse e che ora offre solo minacce.
Fumettologica
Fumettologica (https://www.fumettologica.it) è un magazine quotidiano di informazione e cultura del fumetto. Si è occupato di Samuel Stern una sola volta, fondamentalmente per stroncarlo.
La recensione di Alberto Brambilla è stata pubblicata dopo l'uscita del terzo numero, perciò non si è basata solo sull'impressione del primo numero.
Ed è per questo motivo che la stroncatura è stata per me incomprensibile. Non è che dica che Samuel Stern sia un fumetto pessimo. Dice che non è né carne né pesce e che viene tranquillamente dimenticato subito dopo averlo letto.
È proprio l'impressione opposta a quella che ho avuto io. Anzi, più volte ho detto, nelle mie recensioni, che la storia non mi è piaciuta ma che, accidenti a lei, non riuscivo a togliermela dalla testa.
E non sono uno di primo pelo. A dirla tutta, ho comperato Dylan Dog (con il quale Alberto Brambilla fa il confronto) dal numero 1 a oltre il duecentesimo. Poi li ho venduti per cambiare il computer...
Comunque, Alberto Brambilla ha ovviamente tutti i diritti di pensarla come vuole e Fumettologica ha tutti i diritti di ospitare gli articoli dei suoi collaboratori. Non è questo che contesto.
Mi dispiace invece il tono assolutistico del suo giudizio, come se le sue motivazioni dovessero essere valide per tutti. Peggio ancora, la sua recensione è intrisa sulla presunzione di ciò che i lettori dovrebbero volere e di un intrinseco giudizio sui gusti dei lettori. Ecco questo mi dispiace proprio.
Perché ne parlo ora?
Perché dopo un anno e mezzo da quella recensione, mi sono reso conto che, per me, Samuel Stern è proprio ciò che per Alberto Brambilla non è.
Non trovo oggi, nel panorama fumettistico italiano, una testata che mi dà ad ogni numero le stesse sorprese di Samuel Stern. Temi importanti trattati con delicatezza. Coerenza narrativa. Disegni sorprendenti e godibili (con qualche scivolone!).
Finché Samuel Stern mi darà tutto ciò, continuerò a parlarne sul mio blog.
Piccola nota: spero sia chiaro che l'immagine d'apertura è solo ironica. Per quanto io non sia d'accordo con la recensione di Alberto Brambilla non voglio scatenare una guerra di religione né negare a lui il diritto di esprimere il suo pensiero nei termini con cui l'ha espresso.
Fumettologica, poi, è una fonte continua di informazioni e di notizie sul fumetto, anche se (a mio modesto parere) insiste spesso sulle stesse cose e ne tralascia molte altre. Magari in un prossimo articolo spiegherò meglio che cosa apprezzo di Fumettologica...
Il sistema dei commenti è di CComment