Reputazione web: siamo tutti giudicati
Che cos’è, come funziona e come viene usata la reputazione web
Il concetto di reputazione web si trova in uno strano stato: per molti è un perfetto sconosciuto, per alcuni è un patrimonio da curare, per altri è un incubo e per alcuni è una formidabile opportunità di lavoro.
Chi ha almeno un po’ di familiarità con la reputazione web sa che essa può tranquillamente essere dichiarata la colonna vertebrale che sorregge tutte le interazioni del web. Coloro per i quali la reputazione web è semplicemente un’estensione www del concetto “sono una brava persona / sono un tipo inaffidabile” e che, tutto sommato, non li riguarda più di tanto, dovrebbero davvero leggere questo articolo fino in fondo: scopriranno così che gran parte della loro vita è governata da forze di cui non sospettano neppure l’esistenza.
Lasciando perdere gli ammiccamenti complottisti, ti invito ad esaminare lo svolgersi di un’ipotetica discussione tra Paolo e Giacomo, padri rispettivamente di Marco e Anna.
Paolo. «Sai, ora che va al liceo Marco mi ha chiesto un tablet. Dice che gli servirà per prendere comodamente appunti e per organizzare i suoi studi.»
Giacomo. «Io alla mia Anna ho preso un iPad.»
Paolo. «Ah! E perché proprio un iPad?»
Giacomo. «Be’, Apple è leader in questo mercato e iPad non è solo carino: è veramente facile da usare.»
Paolo. «Non hai pensato a una soluzione con Android? È meno costosa ed è compatibile con diverse marche.»
Giacomo. «Sì, ci abbiamo pensato. Ma poi ho ritenuto che qualche euro in più fosse ben speso per dare ad Anna uno strumento potente ma semplice, e compatibile con il Mac che abbiamo a casa. La vita è già abbastanza complessa e non mi sembra il caso di complicarcela con tecnologie meno amichevoli. E poi Anna ci tiene: Apple fa figo.»
Evitiamo l’errore di fissarci sul merito delle affermazioni e di cadere perciò in guerre di religione e concentriamoci sulla comunicazione in sé.
Il dialogo tra Paolo e Giacomo contiene numerose affermazioni di reputazione. Vale la pena elencarle tutte, per capire meglio come funziona la reputazione e perché è così importante nelle scelte che tu e io facciamo.
Le affermazioni di reputazione esplicite sono ben rintracciabili:
- Apple è leader
- iPad è carino e facile da usare
- Android è meno costoso
- Android è più compatibile
- iPad è compatibile con il Mac di casa
- Apple fa figo
Nota che tutte queste affermazioni di reputazioni sono tali perché non si basano su dati oggettivi (né Paolo né Giacomo citano dati di ricerca o parametri usati a sostegno delle loro affermazioni), ma solo su impressioni d’uso o sulla vox populi. A ben guardare, tutte queste affermazioni non dicono nulla sulle caratteristiche effettive degli oggetti, ma esprimono solo il pensiero generico di chi le esprime. Questa è l’essenza della reputazione.
Vi è poi un’affermazione di reputazione implicita di Giacomo: “Alla mia Anna io ho preso un iPad”. A prima vista, questa non sembra un’affermazione di reputazione, perché non esprime alcuna qualità di iPad. Tuttavia è un’affermazione di grande forza, perché Giacomo non si è limitato ad esprimere un parere, ma è passato agli atti: ha comperato un iPad. Benché a un primo livello la reputazione sia data da ciò che la gente dice, a un livello più profondo (e più convincente) è data da ciò che la gente fa. Questo è il motivo per cui tanti messaggi pubblicitari insistono sul fatto che il tal prodotto o servizio è stato usato da un gran numero di persone, da persone famose o da persone qualificate; è lo stesso motivo per cui è spesso opportuno (potendolo fare) presentare un elenco di clienti di prestigio a sostegno della propria attività. Possiamo perciò dire che la reputazione implicita è apparentemente più nascosta ma ha una maggiore efficacia.
Occorre però osservare ancora una cosa: Giacomo ha esordito con l’affermazione “Apple è leader”. Tuttavia ha sentito il bisogno di specificare “in questo mercato”. La reputazione esiste all’interno di un contesto e può non valere per un altro. Per esempio, Bic è un marchio formidabile e con un’ottima reputazione per ciò che riguarda le penne a sfera, gli accendini e i rasoi usa e getta, ma pessimo per ciò che riguarda i profumi (il tentativo di sfondare in questo mercato, un paio di decenni fa, si è concluso mestamente). È tuttavia facile che la buona reputazione si trasferisca da contesto a contesto, se c’è affinità, al punto che Giacomo conclude dicendo genericamente che “Apple fa figo”.
Dalla cerchia dei conoscenti al web
In genere noi tutti sottostimiamo fortemente l’effetto che la reputazione ha su di noi, poiché crediamo che il nostro giudizio sia sostanzialmente indipendente dalle influenze esterne. In realtà, il nostro giudizio, in assenza di valutazioni scientifiche (cioè obiettive e con parametri ben definiti) si basa esclusivamente sulla reputazione.
Un esempio esemplare (a mio esclusivo parere) della potenza della reputazione è la vicenda del film Benvenuti al Nord, il seguito del fortunatissimo Benvenuti al Sud. Alcuni critici cinematografici molto seguiti hanno accolto questo film con freddezza; tra questi critici, Paolo Mereghetti sul Corriere della sera ne critica sia il progetto sia la realizzazione.
Ebbene, recensioni di questo tipo hanno un fortissimo impatto sul pubblico, poiché ammantano di un giudizio negativo un prodotto (in questo caso, un film). Me ne sono reso conto personalmente in due modi:
- dapprima constatando quanto la voglia di andare a vedere Benvenuti al Nord fosse contrastata dalla recensione negativa di un critico stimato
- poi ascoltando i giudizi degli altri spettatori al termine della proiezione (faccio servizio volontario in un cinema della mia città, perciò sono frequentemente a contatto con gli spettatori): la frase “Ero un po’ dubbioso dopo aver letto le recensioni, ma questo film mi è piaciuto anche più del primo” era una di quelle che circolavano di più.
Non voglio ovviamente entrare nel merito della valutazione di Benvenuti al Nord: quello che mi interessa qui è il meccanismo di reputazione.
Per inciso, faccio una piccola annotazione che riprenderò più avanti: l’affermazione di reputazione ha tanta più forza quanto è qualificato chi la fa. Nel caso dell’esempio, Paolo Mereghetti è senza dubbio un’autorità riconosciuta della critica cinematografica italiana, perciò i suoi giudizi non passano invano. Nel mondo del web, questa sorta di autorità morale è chiamata karma.
Chiarita la questione, mettiti la mano sul cuore e fai un esame di coscienza: nelle ultime decisioni che hai preso online (acquistare qualcosa, leggere un articolo, andare in un locale pubblico, vedere uno spettacolo eccetera), quanto ha contato la reputazione? Per delineare meglio il metodo, chiediti quanto ha contato il sito da cui hai tratto informazioni e se c’erano recensioni positive o negative.
Scoprirai, come ho scoperto io, che nella maggior parte dei casi la nostra decisione è presa a partire dal nostro fare affidamento sulle affermazioni di reputazione di qualcun altro, sia esplicite sia implicite. Per fare un esempio, la stessa recensione di un prodotto, espressa in modo neutro, ha impatti fortemente diversi se appare su www.altatecnologiaperlavitaquotidiana.it o su www.minchiatedicuipossofareameno.it.
E, a rifletterci, è straordinario il peso che diamo a recensioni (positive o negative) di perfetti sconosciuti. Ciò succede perché, in fondo, siamo brave persone e tendiamo naturalmente a fidarci di un giudizio ben argomentato.
Ma questo è un problema.
Il mondo non è un luogo perfetto, e non lo è il web. È popolato da persone che per scopi di lucro pubblicano recensioni false, sia positive sia negative. Ed è popolato anche da persone che fanno danni solo per divertimento: sono chiamate troll.
I siti sociali, quelli che per loro natura sono portati ad offrire spazi di discussione, di critica e di valutazione (siano essi sociali “puri” come Facebook o commerciali come il forum dedicato a una categoria di prodotti) si trovano a dover fronteggiare una continua emergenza. Il problema ha quattro aspetti:
- gestire un enorme afflusso di dati
- individuare il livello qualitativo dei contributi, secondo lo scopo e la funzione del sito
- premiare chi contribuisce con contenuti di alta qualità, invogliandolo a tornare sul sito e a ripetere un comportamento virtuoso (e produttivo)
- dissuadere chi apporta contenuti di bassa qualità (che rendono il sito meno autorevole), costringendolo ad abbandonare il sito od obbligandolo ad innalzare la qualità dei suoi contributi.
Tralasciare anche uno solo di questi aspetti condanna il sito al fallimento.
I contenuti inseriti dagli utenti (giudizi, valutazioni, recensioni e via dicendo) possono essere classificati secondo sei gradi, ognuno dei quali corrisponde a un livello qualitativo.
Nella rappresentazione grafica della Figura 2, la parte inferiore, contrassegnata dal colore verde, indica il livello qualitativo dei contenuti accettabili. La parte superiore, rossa, indica il livello qualitativo dei contenuti inaccettabili.
- Eccellente. L’utente ha inserito contenuti originali, corretti e corrispondenti al tema del sito o della discussione. Per esempio, ha postato una recensione ben argomentata o, nel caso di un forum tecnico, ha inviato una soluzione originale a un problema segnalato. Contenuti di questo tipo innalzano notevolmente l’autorevolezza del sito e dovrebbero aumentare il karma dell’utente che li produce.
- Valido. L’utente ha inserito contenuti parzialmente originali, ma comunque di una certa utilità. Per esempio, può aver indicato link a URL che contengono la soluzione a un problema posto da altri utenti o che riportano recensioni o consigli. Questo tipo di contenuti non è disprezzabile, tutt’altro. Ma il suo valore intrinseco è inferiore al precedente.
- Medio. L’utente ha contribuito con contenuti di scarsa originalità. per sempio, può essersi limitato a fare clic su “Mi piace”, a esprimere una valutazione (stellette), a dire “Anch’io ho questo problema” o “È successo anche a me”. Anche questo tipo di contributo non è disprezzabile e in alcuni casi può diventare prezioso: pensate alla valutazione numerica di un prodotto se il numero delle valutazioni è sufficientemente ampio. Ma è un tipo di contributo che spesso è difficilmente gestibile, poiché non c’è modo di conoscere i parametri di valutazione usati dall’utente per esprimere un voto. Inoltre, queste valutazioni sono facilmente influenzabili in maniera dolosa.
- Scarso. L’utente ha fornito contenuti privi di qualità. Per esempio, fa commenti generici, ironizza senza approfondire, frammischia nel discorso aspetti che non riguardano l’argomento in discussione e così via. In altre parole, crea rumore e alla lunga provoca un danno al sito, poiché rende più difficile agli altri utenti trovare informazioni precise. Inoltre, i moderni algoritmi dei motori di ricerca sono in grado di riconoscere la vera informazione dalla fuffa, cosicché i contributi di scarsa qualità non solo non aiutano il buon posizionamento del sito ma addirittura lo peggiorano.
- Inappropriato. L’utente ha inserito contenuti non coerenti con l’argomento o con lo scopo del sito, oppure ha usato toni o linguaggi non conformi alle regole del sito stesso. Tra i contributi inappropriati vi sono spesso i messaggi commerciali travestiti da risposte ai forum o risposte con link che puntano ad articoli su altri siti quando questo è proibito.
- Illegale. L’utente ha caricato materiale illegale, che perciò può far passare guai di diritto penale al sito. Si va dalle ingiurie alla diffamazione, dalla violazione del diritto d’autore alla pornografia, dall’apologia di violenza alla pedofilia e via dicendo. Pur il essendo materiale che può provocare i danni più gravi è anche quello che più facilmente si può individuare e rimuovere.
Il problema è perciò ben individuato: come riconoscere il grano dal loglio? E come estirpare le erbacce infestanti?
Quanto scritto fin ora è servito a inquadrare il problema, sottolineando che si tratta di una questione che la maggioranza delle persone tende purtroppo a sottostimare. Ora è il momento di vedere quali sono le soluzioni che oggi si possono definire “a regola d’arte”.
Affermazioni, motivazioni e incentivi
La reputazione web costituisce un problema soprattutto dall’avvento delle reti sociali e, prima ancora, dei forum. Non che la reputazione web sia un problema in sé, ma lo diventa
- quando è necessario respingere affermazioni diffamatorie sulla propria persona o salvaguardare il marchio o il prodotto (in caso di aziende)
- quando è necessario moderare efficacemente i contributi di un forum o di un social network, in modo da escludere i contenuti dannosi e premiare quelli di grande valore.
Per quanto riguarda il caso della salvaguardia del marchio o del prodotto, ti rimando all’articolo che contiene l’intervista a Roberto Fortunato e Giovanni Sacheli di Img Internet: si tratta di testimonianze che spiegano con esempi concreti ciò che la teoria può solo abbozzare.
È invece importante conoscere, almeno a grandi linee, le basi teoriche dei sistemi di reputazione web. Certo, si vive benissimo anche senza saperne nulla, ma un po’ di conoscenza consente di rendersi conto del motivo per cui la maggior parte di siti sono pieni di strumenti apparentemente senza senso e delle ragioni che stanno alla base di comportamenti altrimenti inspiegabili.
Le affermazioni di reputazione
In genere, tendiamo a pensare che la fonte di un’affermazione di reputazione sia una persona. Nell’esempio di inizio articolo, è lampante che Giacomo (che dice “Ho scelto iPad perché Apple è leader” ) è una persona. Se la persona che fa un’affermazione di reputazione è un’autorità riconosciuta (in precedenza, facevo l’esempio del noto critico cinematografico Mereghetti), l’affermazione di reputazione ha un peso superiore a quella di un contribuente ignoto: questo pone il problema di attribuire un valore di merito alle affermazioni di reputazione. Tuttavia di solito le affermazioni di reputazione vengono spesso presentate e usate in forma aggregata, in cui non compare il nome del contribuente ma semplicemente un dato numerico. Forme comuni di reputazione di questo tipo sono le seguenti:
- il prodotto è già stato scelto da 42083 persone
- la valutazione media del filmato è 4 stelle
- il disco è al primo posto in classifica.
La natura del primo e il terzo esempio è semplice. Nel primo caso si tratta di un numero riportato da un semplicissimo contatore. Nel terzo, oltre al contatore occorre un meccanismo di comparazione, ma non si tratta di nulla di speciale.
Il secondo caso introduce invece un problema cui di solito non si presta attenzione: quale unità di misura usare e come rappresentare i dati?
Quando si chiede di esprimere un’opinione su qualcosa, esistono diversi modi per farlo:
- pulsanti quali “Mi piace”, che incrementano un contatore
- pulsanti quali “Questa recensione ti è stata utile?”, che incrementano due contatori: uno positivo e uno negativo
- valutazioni come un voto da 1 a 10 o un numero di stelle da 1 a 5
- recensioni o valutazioni testuali: in questo caso la valutazione è opportuna una valutazione della valutazione (e il succitato pulsante “Questa recensione ti è stata utile?” serve proprio a questo)
- punteggio legato a un’attività: per esempio, se un articolo viene commentato, segnato nei preferiti o inviato a un amico allora si può presumere che sia stato apprezzato.
È evidente che spesso è necessario sia uno studio rigoroso sia una programmazione altrettanto precisa per normalizzare (cioè rendere coerenti tra loro) votazioni espresse in modi diversi o per valutare in modo congruo i comportamenti degli utenti che svolgono attività interpretabili come una valutazione intrinseca: quanto vale, ai fini della valutazione, segnare un articolo tra i preferiti? E segnalarlo a un amico? E dare una risposta in un forum?
Inoltre, il postare un argomento su un forum o il darne una risposta dovrebbero avere ripercussioni sulla reputazione propria dell’utente, cioè sul karma.
Le due cose sono interdipendenti: l’attività dell’utente produce karma e il karma influenza l’attività dell’utente. In un mondo perfetto, probabilmente non ci sarebbe bisogno del karma. Ma il mondo è quello che è: sicuramente non è perfetto, anche se è comunque un posto molto interessante in cui vivere.
La questione del karma si è sviluppata quando i siti hanno iniziato a pensare a un sistema per premiare le persone che arricchivano il sito di contenuti di valore. Per esempio, aggiungevano recensioni o commenti, rispondevano alle domande di altri utenti o, semplicemente, ottenevano i punteggi migliori in un gioco. Vedere riconosciuti pubblicamente i propri sforzi è un ottimo sistema per invogliare la gente a tornare. Detto per inciso, è questo il motivo per cui quando si fa un record a un videogioco appare la schermata con la musichetta che gratifica il giocatore e lo fa sentire figo: in realtà lo sta obbligando a fare un’altra partita; questo trucchetto funziona fin dai tempi dei flipper meccanici, quando il gestore del bar affiggeva accanto al tabellone un cartello con i cinque punteggi migliori, con tanto di nome del detentore del record. Da questo punto di vista, nulla di nuovo sotto al sole: di’ a qualcuno che è bravo e bello, e farà ciò che vuoi.
Motivazioni e incentivi
Per far fare qualcosa a qualcuno, è importante sapere quali corde toccare. Generalizzando, i motivi che portano gli utenti a compiere un’azione possono essere riassunti in tre tipi:
- altruistici, cioè l’azione viene compiuta per il bene degli altri
- commerciali, cioè l’azione viene compiuta per guadagnare denaro, beni o servizi
- egoici, cioè l’azione viene compiuta per una gratificazione personale.
Ognuno di questi tipi può essere analizzato ancora più in dettaglio, per affinare ciò che il sito può proporre all’utente in modo da coinvolgerlo nell’attività. O anche per focalizzare l’attività di un sito su una specifica categoria di utenti, escludendo quelli che, non essendo in linea con il fine e le caratteristiche del sito, non sarebbero produttivi.
I motivi altruistici possono essere alimentati da impulsi di riconoscenza, di condivisione o di evangelizzazione. Prima di proseguire, è bene chiarire che i termini qui usati non implicano alcun giudizio morale, ma sono adoperati con il solo scopo di chiarire il movimento interiore che spinge un’utente a compiere un’azione. Gli impulsi di riconoscenza si rifanno generalmente a un’esperienza positiva, del tipo “qualcuno ha fatto una cosa che mi è stata utile, perciò io ricambio facendo qualcosa di utile per gli altri”. Gli impulsi di condivisione nascono da una propensione personale allo scambio di informazioni e di strumenti, in cui è ben presente il desiderio che altri usufruiscano di ciò che si possiede. Gli impulsi di evangelizzazione derivano invece dalla convinzione che ciò che si sa sia importante e che sia altrettanto importante che anche gli altri siano a conoscenza della stessa cosa.
I motivi commerciali possono mirare a due obiettivi: il guadagno diretto e la promozione del marchio. Il guadagno diretto mira a far sì che il comportamento virtuoso dell’utente sia ricompensato in qualche maniera; la ricompensa può andare da un gadget del sito a un prodotto in palio per il miglior contributo, da un riconoscimento in danaro per i clic sui banner degli sponsor alla possibilità di avere forti sconti sui prodotti in vendita. La promozione del marchio si basa sulla notorietà che un utente può acquistare fornendo contributi di qualità; l’attività di contribuzione non è perciò monetizzabile nel breve tempo, ma la notorietà verrà utile se il contribuente ha intenzione di proporre sé stesso come esperto in un certo campo. Per esempio, chi sta avviando uno studio di produzione video ha tutto l’interesse a fornire contributi di qualità nei forum che trattano questo argomento: più sarà riconosciuto come un’autorità, più sarà probabile che persone bisognose di questo tipo di servizi si rivolga a lui direttamente. In genere, i forum non consentono la pubblicità commerciale diretta, ma permettono ai contribuenti di inserire nella firma l’indirizzo del proprio sito web e una sintetica descrizione (sempre che, ripetiamo, il contributo sia di qualità: in caso contrario, prima o poi un moderatore inserirà nella lista nera l’utente furbacchione).
I motivi egoici si rifanno a diversi tipi di gratificazione personale, che possono essere schematicamente riassunti in appagamento personale o professionale, in riconoscimento pubblico e in ricerca della perizia. L’appagamento personale o professionale si rifà al semplice piacere di portare a termine un’attività per il proprio benessere ed equivale al fare le pulizie di primavera o al rimettere in funzione la moto; per esempio, completare una raccolta di foto da mettere online in modo che possa essere usata come una sorta di racconto fotografico può essere un buon modo per produrre e pubblicare materiale di qualità e, nel contempo, godere e far godere del materiale pubblicato. Il riconoscimento pubblico è un tipo di motivo sorretto dalla ricerca dell’ammirazione e spesso anche dell’invidia; tutto ciò che offre karma quantificato (in termini di punti, di grado o di potere) si basa su questa motivazione dell’utente. La ricerca della perizia si basa invece sulla soddisfazione personale per essere riusciti a portare a termine un compito, senza che questo abbia utilità pratica diretta; battere il computer a un gioco solo per sentire la musichetta che dice: “Mi hai battuto!” fa parte di quest’esperienza. Ma, a un livello un po’ più alto, anche il riuscire a salire la gerarchia di competenza in un forum o in un gioco online può rientrare in quest’ambito, se non lo scopo di sentirsi apprezzato dagli altri non è prevalente. Per esempio, vedi il box Il poker sociale.
Assodato che è importante incentivare gli interventi degli utenti, occorre però definire come incentivarli e verificare poi se le conseguenze siano proprio quelle desiderate.
La storia del web fornisce, da questo punto di vista, insegnamenti tristi, che tuttavia hanno portato alla nascita di sistemi sempre più robusti.
Tutto può essere riassunto nella frase Non esistono sistemi di valutazione semplici. Vediamo perché.
Quando si iniziò a premiare gli interventi degli utenti (votazioni, risposte, recensioni, segnalibri eccetera), ci si accorse ben presto che questo sistema incentivava non solo il comportamento virtuoso, ma anche quello truffaldino.
Fu infatti evidente che molta gente iniziò a fornire contributi inutili o addirittura fasulli al solo scopo di goderne i vantaggi: robot che simulavano i clic dell’utente, risposte o commenti senza alcun senso, votazioni pilotate e via dicendo.
Inoltre non tardarono i comportamenti dolosi: i comparvero i troll, il cui scopo è solo quello di provocare danno scatenando risse o fornendo informazioni false; inoltre si scoprì che parlare male del concorrente è molto meglio che postare una falsa recensione positiva del proprio negozio.
Tutti questi comportamenti rendevano il sito inaffidabile e comunque un posto assai sgradevole dove stare, perciò gli amministratori dei siti si accorsero con costernazione che i loro sforzi, fatti con tutta la buona volontà. ottenevano l’effetto contrario: gli utenti migliori si stancavano di un tale andazzo e abbandonavano il sito.
Peggio ancora, era il sito stesso a perdere di credibilità. Ovviamente, gli sponsor si allontanavano.
Era necessario distinguere i buoni dai cattivi.
Sono stati messi a punto diversi tipi di strumenti che permettono di valutare gli apporti del pubblico, per far sì che i contribuenti e i contributi migliori siano premiati e che siano invece scoraggiati i contributi e i contribuenti peggiori. In alcuni casi, la reputazione web gioca un ruolo fondamentale per la sopravvivenza dei contenuti. Questo è il motivo per cui non bisognerebbe prendere troppo alla leggera ciò che si fa sul web: ciò che magari nasce come uno scherzo o una goliardata potrebbe poi perseguitarci per anni e minare alla base la nostra reputazione web.
Gli schemi di controllo del contenuto
Gli schemi di controllo del contenuto si basano su due considerazioni principali:
- gli operatori sono due: il personale del sito e gli utenti
- le operazioni riguardanti il contenuto sono tre: creazione, controllo e rimozione
I diversi meccanismi si differenziano secondo l’operatore che effettua ciascuna delle tre operazioni.
Il personale fa tutto: crea, valuta e rimuove
Il web 1.0 era caratterizzato dal fatto che il personale del sito aveva il controllo assoluto sul contenuto: lo produceva, lo verificava e, se necessario, lo rimuoveva. Mancando qualunque interazione con il pubblico, che non inviava alcun contributo, non era necessaria alcuna reputazione: né dei contribuenti né, tanto meno, dei contributi.
Per ipotesi, sarebbe stato possibile ideare un sistema di reputazione sia per il personale che crea i contenuti sia per quello che lo rivede, ma questo avrebbe avuto senso solo se ci fossero state centinaia di persone che creano contenuti e almeno decine che li rivedono. In questo caso un sistema di reputazione sugli autori migliori e sui revisori più attenti e qualificati avrebbe potuto contribuire ad accrescere la qualità del sito. In realtà, non si è mai verificata una situazione del genere (almeno, per ciò che ne so io).
L’avvento del web 2.0 e dei social network, con la possibilità di un massiccio intervento del pubblico, ha spazzato via questo schema.
Il personale crea e valuta; gli utenti rimuovono
Il funzionamento di questo schema non è così intuitivo come il titolo potrebbe lasciar intendere. In realtà si riferisce principalmente alla segnalazione di bug o di contenuto inappropriato e perciò l’intervento degli utenti non rimuove direttamente il contenuto, ma opera in modo che il contenuto stesso sia eliminato o sostituito.
Poiché segnalazioni di questo tipo non partecipano direttamente alla creazione di contenuti e sono avvenimenti complessivamente rari, non c’è bisogno di un sistema di reputazione degli utenti: segnalazioni del genere sono di solito libere, senza necessità di accredito.
Anche in questo caso sarebbe però possibile ipotizzare un sistema di reputazione che permetta di individuare e di premiare chi segnala con maggior velocità e precisione i bachi o i contenuti inappropriati, ma tale sistema non aggiungerebbe poi molto al valore del sito.
Il personale crea e rimuove; gli utenti valutano
Questo tipo di schema si applica principalmente a quei contenuti per i quali sono disponibili pulsanti come “Questa recensione ti è stata utile?”. Si applica anche con dichiarazione di valutazione implicite, come il condividere il contenuto inviandolo a un amico per posta elettronica mediante l’apposito pulsantino.
Più un articolo accumula dichiarazioni di reputazione implicite o esplicite, più (in genere) aumenta il karma dell’autore del contenuto. Ciò provoca diversi effetti benefici: l’autore è gratificato e viene incoraggiato a contribuire con nuovi contenuti, gli autori sono spinti a contribuire con materiale di qualità, gli utenti sono incoraggiati a esprimere la propria opinione se constatano che questa ha ripercussioni sul sito.
In genere, gli utenti non hanno né tempo né voglia di creare nuovi contenuti, ma possono trovare un attimo per fare clic su un pulsante. Pensaci, la prossima volta che incontrate un pulsante del tipo “Questa recensione ti è stata utile?”: un clic è un attimo per te ma ha grande importanza per il miglioramento del sito, sia che il tuo voto sia Sì sia che il tuo voto sia No.
Il personale crea; gli utenti valutano e rimuovono
Questo schema è simile al precedente ma con l’importante differenza che ora sono gli utenti a decidere che cosa ha valore e che cosa no e che le ripercussioni del loro giudizio sono pressoché immediate.
Questo tipo di schema è solitamente associato a situazioni che prevedono espressamente il parere degli utenti per la prosecuzione del progetto. Ne sono un esempio quei reality show in cui il pubblico decide chi deve abbandonare la trasmissione e chi invece può restare. In questi contesti il contenuto è creato dal personale (cioè dagli autori del programma), ma poi questo contenuto è valutato dal pubblico, che ha il potere di rimuoverlo direttamente.
Negli USA, questo meccanismo si è prestato a sotterfugi, poiché un aspirante concorrente è riuscito ad accaparrarsi un posto nella casa grazie a uno script che votava per lui ogni dieci secondi e che egli ha diffuso a destra e a manca.
È ovvio che questo schema è perfetto in quelle situazioni in cui lo scopo principale non è fornire un servizio di qualità quanto promuovere la partecipazione del pubblico in sé stessa.
Gli utenti creano; il personale valuta e rimuove
Questo schema è sempre più diffuso, poiché è un buon compromesso tra un elevato grado di libertà degli utenti e un controllo qualitativo di responsabilità del personale.
In sostanza, gli utenti forniscono liberamente i contenuti, mentre il personale mantiene il diritto di valutarli e, se è il caso, di rimuoverli.
Dopo l’invio del materiale da parte degli utenti, sono possibili due strategie da parte del personale, che si basano sulla fiducia o sulla sfiducia: se è data per scontata la fiducia, il materiale dell’utente viene pubblicato e solo in seguito viene valutato ed eventualmente rimosso; se è data per scontata la sfiducia, il materiale non viene pubblicato subito, ma deve passare prima attraverso la valutazione del personale.
Qui i termini fiducia e sfiducia non vanno intesi come giudizi di merito né come atteggiamento del personale nei confronti degli utenti. Si tratta solo di valutazioni su quanto sia accettabile la pubblicazione (anche temporanea) di contenuti inappropriati o illeciti.
In questo tipo di sistema, la reputazione dell’utente può avere un ruolo significativo. Per esempio, il sistema può essere programmato in modo che se il contributo proviene da un utente con karma molto alto sia pubblicato immediatamente, altrimenti debba essere sottoposto a moderazione. Si può anche giungere al limite opposto: se il contributo proviene da un utente con karma bassissimo (che in passato si è ripetutamente reso responsabile di contenuti inappropriati o illeciti) allora questo contenuto può essere automaticamente rimosso prima ancora della pubblicazione: potrà essere valutato solo dietro espressa richiesta da parte dall’autore.
Questo tipo di funzionamento basato sulla reputazione web spiega come mai alcuni utenti che erano soliti condividere materiale pirata su siti di file sharing si lamentassero che i loro contributi venissero immediatamente bannati. Si chiedevano come facessero i responsabili del sito ad accorgersi subito della presenza dei materiali illegali, senza capire che era la loro stessa pessima reputazione web a fare di loro dei paria (Figura 4).
Gli utenti creano e rimuovono; il personale valuta
Questo schema non è molto usato e in genere, quando lo è, si inserisce in uno schema di gestione dei contenuti più ampio; in pratica, di solito è un sottoprocesso di un processo maggiore.
Di solito, il personale fa da primo filtro per la valutazione dei contenuti, assegnando a ognuno una priorità. Il contenuto viene poi inviato agli utenti che decidono se approvarlo e quindi usufruirne o se rimuoverlo.
Gli utenti creano e valutano; il personale rimuove
Questo schema è una forma ancora più avanzata dello schema “Gli utenti creano; il personale valuta e rimuove” e costituisce oggi la regola d’arte dei social media.
Rispetto a “Gli utenti creano; il personale valuta e rimuove”, questo schema incoraggia gli utenti stessi a valutare i contenuti, sia positivamente sia negativamente. Per tornare all’esempio precedente di coloro che caricano materiale pirata sui siti di file sharing, gli utenti sono invitati a segnalare materiale inappropriato o illegale, contribuendo così a individuare i responsabili e ad abbatterne il karma.
Il rischio di questo schema sta nella possibilità che contenuti perfettamente leciti siano di grave e ingiustificato danno per qualcun altro. Per esempio, un giudizio come “Le mele DeliziaDelMioPalato provocano la diarrea”, comprendente una tabella da cui risulta inequivocabilmente che ogni volta che l’autore del post mangia quel tipo di mele soffre di diarrea, può avere un effetto disastroso sugli affari dell’azienda che coltiva le mele sotto accusa. E anche se l’affermazione è in sé corretta, può essere sbagliata se non riporta che è l’autore del post ad essere allergico alle mele.
La libertà lasciata agli utenti deve sempre trovare un compromesso accettabile con il rispetto altrui, rispetto che è fatto anche di verifica delle fonti, di controllo oggettivo, di separazione dei fatti dalle opinioni (rendendo ben riconoscibili entrambi) e così via.
Oltre al pericolo di danneggiare terzi senza motivo, c’è per il sito il rischio di essere ritenuto responsabile per tali danni, secondo le legislazioni dei singoli Paesi. D’altronde, le leggi sulle responsabilità di quanto pubblicato in Rete sono ancora oggi in cambiamento e, a mio parere, siamo ancora nella situazione che vince chi è più forte.
Gli utenti creano, valutano e rimuovono
Lo schema che lascia agli utenti la massima libertà e la massima responsabilità è in genere applicabile solo agli ambiti ristretti e in gruppi di pari. Può trattarsi di un circolo sportivo o del wiki aziendale, ma non di un ambito ampio e con responsabilità verso terzi: i rischi sono troppo grandi.
Torniamo al mondo reale
Quanto presentato sopra vale soprattutto come descrizione dei modelli teorici che stanno alla base del web come lo conosciamo oggi. Ma la reputazione, ha davvero tutta questa importanza?
Sembrerebbe proprio di sì.
Oltre alle testimonianze di Roberto Fortunato e di Giovanni Sacheli di Img Internet che potete leggere nell’articolo con l’intervista, vale la pena di segnalare alcuni avvenimenti recenti.
Il primo è la pubblicazione da parte di Sociable Labs di un rapporto circa le spinte all’acquisto: risulta chiaramente che i due motori che principalmente spingono all’acquisto sono i risultati della ricerca su Google e i commenti su Facebook, che si piazzano praticamente alla pari (Figura 5).
Il secondo è il tentativo da parte di Facebook di screditare le norme di riservatezza di Google pagando la società di PR Burson-Marsteller affinché producesse articoli sfavorevoli all’azienda di Mountain View. Tra Google e Facebook è in atto una vera e propria guerra commerciale e la reputazione web è uno dei campi di battaglia.
Ciò porta a una domanda: come è possibile distinguere le recensioni autentiche da quelle false? Negli USA due ricercatori della Cornell University hanno sviluppato un software capace di riconoscere le recensioni false, anche se ben scritte e questo può sicuramente aiutare, almeno in prima battuta. Tuttavia da parte mia auspico che siano le persone stesse a diventare sempre più capaci di distinguere l’informazione dalla pubblicità.
Infine, c’è chi ha pensato a un paracadute contro esiti rovinosi nel caso che la reputazione web sia in pericolo. Come riportato dal Corriere della sera, è stata proposta una sorta di assicurazione obbligatoria per la reputazione web, sulla falsariga di quella sulle autovetture.
Tutti questi segni testimoniano che la reputazione web, ancorché semisconosciuta, è un tema estremamente caldo.
Quest’articolo è stato pubblicato, diviso in tre parti e con interventi redazionali, nei numeri 313, 316 e 318 di Applicando. Ringrazio l’editore per avermi concesso il permesso di ripubblicarlo sul mio sito personale. Tutti i diritti sono riservati ad Applicando - Il sole 24 ore.
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